Dottor Gianfranco Aprigliano

ABD DEL CUORE

FATTORI DI RISCHIO

Inquadrare correttamente un paziente è il primo passo per poter meglio capire quale sia la probabilità che possa avere una malattia cardiovascolare o che rischio avrà di svilupparla. Questo momento fondamentale permetterà anche di interpretare con maggiori probabilità di successo gli esami che andrà a sostenere, prendendo le decisioni con un maggiore grado di accuratezza. Qui di seguito cercherò di semplificarvi un processo un po’ complesso da capire per il personale non medico.

Valore predittivo degli esami

Per ogni esame che prescriviamo al nostro paziente esiste una percentuale nota predefinita che esso possa “dire il vero”, ossia che sia veramente presente la patologia che cerchiamo quando risulta alterato (valore predittivo positivo), e al tempo stesso che il nostro paziente non abbia quella malattia quando l’esito sia normale (valore predittivo negativo).

Personalizzare la scelta degli esami per ottimizzare la diagnosi

Conoscendo tali caratteristiche per ogni esame, potete comprendere come sia fondamentale non prescrivere “a caso” gli esami oppure far eseguire a tutti i pazienti la stessa lista di esami. Infatti, una corretta strategia diagnostica riduce il tempo per giungere alla diagnosi corretta, riduce e giustifica i rischi a cui si sottopone il paziente se gli esami sono invasivi, evita risultati fuorvianti, con il riscontro di collaterali patologie non importanti, e permette al paziente di essere più sereno e accondiscendente al percorso proposto. Ovviamente questo approccio, che è il più corretto, è in netta controtendenza con la, ahimè, triste medicina difensiva, che tende soprattutto nei casi complessi a sottoporre il paziente a plurimi esami e terapie.

Esami di partenza

Quando vogliamo inquadrare un paziente stabile (ossia che non ha sintomi sospetti, recentemente insorti) e lo stiamo valutando per la prima volta, un set di esami di partenza potrebbe essere rappresentato da:
  • Esami del sangue con valori indicativi dei parametri metabolici: glicemia, colesterolo e sue frazioni, analisi delle catene lunghe degli acidi grassi, funzione renale, microalbuminuria, elettroliti, acido urico, emocromo con formula, coagulazione;
  • Elettrocardiogramma basale;
  • Pressione arteriosa ambulatoriale + compilazione domiciliare di un diario pressorio da parte del paziente;
  • Visita cardiologica con raccolta accurata dei precedenti del paziente (anamnesi patologica remota), dei disturbi attuali (anamnesi patologica prossima) e determinazione del profilo di rischio cardiovascolare.
Quest’ultimo punto è fondamentale per capire non solo se il paziente che ho di fronte abbia una malattia cardiaca, ma anche che probabilità avrà di svilupparla nei prossimi anni in base ai dati che ho rilevato.

Esami di approfondimento

Sulla base di tali rilevazioni, posso poi decidere di approfondire meglio la condizione clinica richiedendo: 

  • Ecocardiogramma colordoppler, un esame ormai molto diffuso, privo di rischi per il paziente e a moderato/basso costo, che consente di avere informazioni sulle dimensioni delle camere cardiache, del primo tratto dell’aorta ascendente, sul funzionamento delle valvole, dei foglietti pericardici e in generale sulla performance del mio muscolo. Si possono in generale anche vedere esiti di vecchi infarti a patto che siano di dimensioni visibili. Non si possono vedere le coronarie e eventuali ostruzioni.  
  • Ecocardiogramma Transesofageo, un esame che si esegue inserendo una sonda nell’esofago del paziente (esattamente come nella gastroscopia). La sonda a livello esofageo (che passa esattamente dietro al cuore) è in grado di vedere molto meglio le strutture delle valvole e alcuni recessi non ben visibili con la modalità classica. Per tale motivo è un esame fondamentale nel caso di malattie delle valvole per decidere con che modalità ripararle o sostituirle.   
  • Doppler TSA ed arterioso arti inferiori, un esame che sfrutta gli ultrasuoni esattamente come il precedente, ma analizza le grandi arterie del collo (carotidi, vertebrali), degli arti superiori (succlavie) e degli arti inferiori (femorali, poplitee, vasi di gamba). Consente di individuare la presenza di occlusioni o restringimenti di queste arterie che sono responsabili di ictus (carotidi e vertebrali), dolori crampiformi al polpaccio e glutei durante la marcia (iliache e femorali) o ulcere e gangrena delle estremità (vasi di gamba). Inoltre, la presenza anche in modo poco significativo di placche aterosclerotiche in questi distretti aumenta notevolmente il rischio globale del paziente e necessita pertanto di trattamenti farmacologici più aggressivi perché è indice che il processo aterosclerotico è già iniziato. 
  • Monitoraggio pressorio delle 24 ore, tramite un dispositivo portatile dotato di manicotto, che consente di misurare ad intervalli regolari i valori pressori per 24 ore. Questa analisi ci dirà quali sono i valori pressori del paziente, se le terapie mediche assunte coprono tutta la giornata, se durante il pomeriggio e la notte i valori subiscono delle variazioni che normalmente sfuggono all’attenzione dell’automisurazione. 
  • ECG secondo Holter delle 24 ore, mediante un dispositivo portatile dotato di elettrodi che permette di registrare l’elettrocardiogramma del paziente per 24 ore (ma esistono anche versioni sino a 7 giorni). Il paziente deve compilare un diario con le principali attività quotidiane e segnalare se ha sintomi. L’esame permette di capire se i sintomi del paziente (solitamente svenimenti, capogiri, palpitazioni, battiti irregolari) sono determinati da aritmie cardiache. Al contrario, nei pazienti asintomatici verifica se ci sono anomalie del ritmo nonostante non senta nulla.   
  • ECG sotto sforzo, l’esame di primo livello per indagare indirettamente la presenza di restringimenti delle arterie coronarie (ricerca di ischemia inducibile). Si può eseguire con un tapis roulant o una cyclette. Il paziente viene collegato ad una registrazione in continuo dell’elettrocardiogramma e dei valori pressori. Esegue uno sforzo a livelli progressivi finché giunge alla frequenza cardiaca desiderata o insorge stanchezza alle gambe o sintomi sospetti per angina. L’esame viene condotto sotto stretta osservazione del cardiologo e di un infermiere dedicato, possibilmente in ambiente protetto (ospedale). Se durante lo sforzo l’elettrocardiogramma si altera in senso ischemico è indice che le arterie non riescono a far fronte alla maggiore necessità di flusso sanguigno perché probabilmente sono ostruite. In tal caso, verranno eseguiti esami più approfonditi per confermare il dato.   
  • Ecostress o Ecosforzo, un esame di secondo livello, mirato il più delle volte, alla ricerca di ischemia inducibile (come il test da sforzo), ma con l’informazione aggiuntiva che il paziente mentre effettua lo sforzo (o una simulazione dello sforzo mediante infusione di agenti che accelerano il battito cardiaco) viene osservato mediante un elettrocardiogramma e simultaneamente l’ecocardiogramma. Questo insieme di dati è in grado di dirci non solo se è presente una ischemia durante lo sforzo, ma anche quale sia la sede interessata.  
  • Tc coronarica, una TAC con l’utilizzo di mezzo di contrasto che è in grado di darci informazioni in merito alla presenza di restringimenti all’interno delle coronarie. Può darci solo un dato anatomico, ossia quantifica la percentuale di ostruzione, senza sapere se poi quella placca generi effettivamente ischemia durante gli sforzi. E’ un esame molto utile nell’escludere che ci siano placche nelle coronarie, mentre risulta generalmente meno attendibile nel quantificare l’entità dei restringimenti quando questi sono presenti. In pratica è come effettuare una coronarografia “virtuale” senza correre il rischio dell’invasività. Ricordiamo però che la quantità di radiazioni assunte e il mezzo di contrasto sono assolutamente sovrapponibili ad una coronarografia. Inoltre, quando la probabilità che ci sia la malattia è molto alta, risulta di dubbia utilità a fronte degli effetti collaterali. E’ l’esame principe in pazienti che non possono eseguire sforzi o giungono in pronto soccorso con dolore toracico ed esami dubbi.  
  • TC coronarica IFR, un esame recentissimo, ancora non diffuso nel mondo. Integra gli aspetti anatomici di una Tc coronarica con l’aggiunta dell’analisi del flusso all’interno dell’arteria affetta da restringimenti. Così può teoricamente fornire una informazione completa sul reale “peso” del restringimento nella performance cardiaca. 
  • Cine RMN cardiaca, un esame molto complesso, che si effettua generalmente con l’impiego di mezzo di contrasto e richiede una grande esperienza iperspecialistica nella lettura ed interpretazione dei dati. Per semplificare, è in grado di fornire le stesse informazioni dell’ecocardiogramma, ma con maggiore accuratezza. È spesso fondamentale nella diagnosi di malattie infiammatorie del muscolo cardiaco (miocarditi/pericarditi) e nelle malattie infiltrative (amiloidosi, M di Fabri, sarcoidosi, displasia aritmogena). Recentemente, può essere eseguita associata all’infusione di un farmaco (RMN cuore stress-dobutamina) per indurre uno sforzo artificiale e quindi indagare anche eventuali restringimenti delle coronarie.    
  • Tilt Test, un esame funzionale a cui si sottopongono i pazienti che hanno episodi di svenimento senza altra apparente causa. L’esame mira a riprodurre il sintomo con il paziente che, da sdraiato, viene immobilizzato ad un lettino basculante, misurando la pressione e l’elettrocardiogramma in continuo. Il lettino viene poi messo in posizione verticale analizzando le variazioni dei parametri. Si può somministrare un farmaco per evocare un abbassamento di pressione, vedendo come cambiano i parametri del paziente. L’esame mira a valutare la presenza di blocchi di trasmissione dell’impulso cardiaco (sincope cardioinibitoria) che richiedono quindi una terapia specifica.  
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